Deserto
- Giulia Castellani
- 28 lug 2023
- Tempo di lettura: 4 min

Ci lasciamo alle spalle San Martin del los Andes, un paese sulle sponde del lago Lácar e che ricorda molto un paese delle Alpi. D'altronde siamo ancora sulle Ande. La Ruta 40 però ci porta ben presto in un paesaggio del tutto nuovo: la pampa. Le montagne verdeggianti, intermezzante da taglienti vette coperte di neve, lasciano spazio a colline più morbide, come onde che piano piano si dissipano. Le montagne diventano un ricordo lontano, gli alberi scompaiono portandosi via gli ultimi residui di verde. Al loro posto grandi ciuffi di erba secca disseminati come batuffoli di cotone che formano un velo morbido su queste colline aride. Al tramonto le sterpaglie risplendono di un colore oro intenso che si staglia contro l'azzurro ceruleo del cielo, così immobile e privo di sfumature che sembra un liquido denso e cremoso. Mi chiedo che gusto avrebbe questo cielo. La pioggia lascia il posto alla polvere, e se prima non potevamo aprire i finestrini per evitare di bagnarci, ora dobbiamo tenerli chiusi per non respirare la terra. Inizia così la traversata del deserto fino a San Pedro de Atacama, migliaia di kilometri in un infinito niente dai colori oro e argento, sotto un sole rovente e una luna gelata. L'escursione termica è infatti pazzesca. Mentre di giorno boccheggiamo e ci lamentiamo delle labbra secche, la sera le temperature scendono fino quasi a zero gradi e dobbiamo rifugiarci nei sacchi a pelo caldi e comodi!
Ogni sera il tramonto crea un crepuscolo dai mille colori, con il rosso all'orizzonte che si traverste di tutti i colori dell'arcobaleno fino ad arrivare al blu scuro del cielo lontano. La luna è quasi piena e la sua luce talmente forte da creare delineate ombre. L'assenza di rumori è così intensa da diventare assordante. Tratteniamo il fiato e restiamo immobili per ascoltare il silenzio, e qui è il battito del mio cuore a diventare assordante, assieme al fruscio che alcuni capelli mossi dal vento creano al contatto con la mia giacca. Non ero mai riuscita ad ascoltare il movimento dei miei capelli.
Il sole sorge tardi, alle 8 del mattino, e il cielo preannuncia il suo arrivo con tinte di rosa e violetto. Mentre beviamo il caffè i primi raggi iniziano a scaldarci, nel giro di un'ora passiamo da calzettoni e berretto di lana a pantaloncini corti e maglietta. Le distanze tra una città e l'altra sono enormi, tra esse un infino niente, nemmeno il segnale telefonico. Le case sono fatte in mattoni e non più in legno come invece era a Chilloe. La vita scorre quieta tra le strade polverose, le fontane senza un goccio d'acqua, e i parcogiochi senza un filo d'erba.
La seconda notte ci fermiamo ai bordi di un fiume, il rio grande. La presenza di un rigagnolo d'acqua viene rivelata soltanto da qualche albero verde, perchè sono difficili da scorgere questi rivoli scarni e sottili, che si trascinano come cadaveri tra le immense valli di pietra. Siamo più a nord e la sera soffia un vento mite, per la prima volta possiamo stare seduti all'aperto dopo il tramonto senza congelare. Il vento però aumenta e lentamente tutto si copre di polvere: le sedie, i bicchieri, la bottiglia di vino che ci stiamo gustando, i telefoni, e così anche noi. La polvere si insinua dappertutto, e anche all'interno del camper, nel letto, tutto è coperto da un filo di polvere. Non importa quanto assiduamente proviamo ad eliminarla, la polvere rimane, così fine da sembrare fluida, quasi collosa. Dopo vani tentativi ci arrendiamo: il caffè è sabbioso, i biscotti un po' croccanti, anche lavandoci i denti sembra che il dentifricio normale si sia tramutato in quello con "granuli attivi".
I giorni proseguono sempre più caldi, sempre più secchi. Percorriamo kilometri di strada dritta, se ci va bene facciamo una curva al giorno. Ogni tanto incontriamo tratti di strada sterrata (talvolta si estendono fino a 100km) che ci rallentano e scuotono come fossimo in uno shaker. Siamo solo noi e un paio di rotolacampi che saltellano in giro. In questa desolazione, però, le ore seduti in macchina sono ricompensate dai paesaggi più spettacolari che abbia mai visto in vita mia. Le colline dorate si tramutano in rocce colorate striate di rosa, giallo, azzurro, verde. Attraversiamo canion con rocce e terra di colore bordeaux intenso puntellate da cactus immensi di colore verde scuro. I laghi glaciali (quei pochi che si incontrano) aggiungono una tinta blu profondo alle colline desertiche. In prossimità di Mendoza e di Cafayate il paesaggio si rinfresca e compaiono verdeggianti distese di vigne e ulivi. Sempre più a nord, la terra diventa sabbia e il color oro e rosso che abbiamo attraversato in precedenza diventa rosa. Per chilometri attraversiamo colline rosate puntellate di cespuglietti color oro e coperte da un azzurro chiarissimo senza nemmeno una nuvola. E continuando compaiono le distese di sale, i picchi innevati dei vulcani e le acque lagunari tinte da colori verdi gialli e rosa. E così, per la seconda volta durante questo viaggio attorno al mondo, mi sembra di essere su un altro pianeta. La solitudine di questa sconfinatezza aumenta la sensazione di essere su una terra aliena, ma ogni tanto compaiono fenicotteri e lama, giusto per ricordarci che tutta questa meraviglia si trova pur sempre sul nostro pianeta.
La persona più cordiale: Un meccanico e sua moglie. Eravamo in cerca di un benzinaio, non avevamo abbastanza benzina per arrivare fino a quello della cittadina dopo che ci veniva segnalato sulla app iOverlander. Non solo ci ha venduto 10 litri di banzina che ci hanno permesso di non restare a secco nel mezzo del deserto, ma ci ha anche dato informazioni utili sulla strada che avremmo dovuto percorrere.
Musica: Inocente di La Delio Valdez
Cibo: il vino Malbec di Mendoza
Highilights del viaggio: Una mattina ci siamo lavati nell'acqua di un piccolo canyon. Abbiamo dovuto percorrere a piedi un sentierino costeggiato da cactus immensi fino a raggiungere una piccola pozza d'acqua fredda dove, aiutandoci con una pentola, siamo riusciti a farci una doccia rinfrescante.
Lowlights del viaggio: 100km di strada sterrata in cui non potevamo superare i 20km orari





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