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Sempre piú in alto

  • Immagine del redattore: Giulia Castellani
    Giulia Castellani
  • 15 ott 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

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Adoro il mare!! E in generale adoro l’acqua: desidero abitare in cittá che siano toccate dal mare, o da un lago, o da un grande fiume. Se vedo l’acqua mi ci tuffo. Le vacanze le preferisco al mare. Per lavoro passo metá anno in nave. Le montagne? Belle, bellissime, sono popolate da numerosi ricordi d’infanzia, con la neve con i colori dell’autunno e con il verde estivo, ma il paesaggio che davvero mi risuona dentro é quello del mare.

Arrivati in India, non avevamo un piano dettagliato di ciò che avremmo visitato, ma a grandi linee avevamo in mente di passare qualche giorno nel famoso "triangolo d'oro" (Delhi, Jaipur, Agra) e poi di spostarci lentamente verso sud per visitare le spiagge di Goa e Kerala … e invece siamo stati letteralmente risucchiati dall’Himalaya!! Dopo I primi giorni ad Amritsar, dove abbiamo visitato il bellissimo tempio d’oro, abbiamo deciso di fare un salto veloce a Dharamsala, o meglio dire a Mcleod Ganj, paesino alle pendici dell’Himalaya e sede del tempio del Dalai Lama. Questa doveva essere la piccola consolazione per aver saltato il Karakoram in Pakistan.

Lasciamo Amritsar a metá mattina, con un autobus locale. Un viaggio talmente accidentato che era addirittura difficile leggere il libro guida sull’India perché gli occhi facevano fatica a tenere il segno. Lasciamo il sole per arrivare in un’atmosfera nuvolosa e umida ma calda. Mcleod Ganj non é una valle, bensí un paesino accastonato tra le pendici, non elevate, delle montagne. Le nuvole basse rimangono incastrate tra queste montagne creando un paesaggio mistico di un verde lucente. La spiritualitá di questo piccolo borgo sembra permeare da ogni pietra, ruscello e albero, creando un’attrazione incomprensibile ma forte abbastanza da portarci ad addentrarci ancora un po’ verso l’interno dell’Himalaya. Invece che andare a sud, decidiamo allora di spostarci a Manali, un po’ piú a nord e un po’ piú in alto. Dopo un autobus notturno che avrebbe fatto venire la nausea anche ai piú grandi esploratori polari che attraversarono il passaggio di Drake, arriviamo a Manali dove ci attende un sole caldo e ruscelli azzurri. Manali mi ricorda molto i paesaggi delle alpi, se non fosse che ogni ponticello é decorato con bandiere di preghiera tibetane. Troviamo un’accogliente e deliziosa guest house nella Manali vecchia e il nostro piano di passare uno o due giorni lentamente si allunga e rilassa, e come il programma di viaggio si rilassa cosí facciamo noi. Manali é morbida, comoda, accogliente. Le montagne verdi, le cascate azzurre, le piantagioni di meli, la piccola via che si abbarbica in salita costeggiata da negozietti di vestiti e gioielli, o da ‘cafes’. La vita sembra piú lenta qui, le donne piú anziane portano a passeggio la loro mucca e raccolgono il foraggio, altre donne, di ogni etá, con i bambini, si riuniscono vicino alla sorgente d’acqua per lavare i panni e le coperte. L’atmosfera mistica di Mcleod Ganj lascia spazio ad un’atmosfera piú meditativa.

Stiamo bene, ma quelle montagne che vediamo all’orizzonte, sempre piú alte, diventano un richiamo troppo forte. Decidiamo allora di visitare una valle che ci viene raccomandata da molte persone: Spiti Valley. E cosí partiamo una mattina all’alba per spostarci sempre piú a nord, sempre piú in alto. Il viaggio da Manali a Spiti dura circa 10 ore, di cui 9 sono su strada sterrata. L’autobus si arrampica agile per la prima ora, poi attraversa il Tunnel Atal, pochi kilometri al buio per uscire alla luce di un paesaggio completamente diverso: gli alberi scompaiono, il verde acceso dei pini viene sostituito da quello verde oliva chiaro del muschio, il marrone dei tronchi si trasforma nel giallo ocra delle pietre. Da qui parte una strada sterrata che si arrampica lungo le pareti scoscese delle montagne. Un viaggio da nodo in gola. Abbiamo i posti a sedere in ultima fila, quindi oltre al nodo in gola per il timore della strada ci ritroviamo con lo stomaco in gola per i continui salti e rimbalzi. Ma lo spettacolo che si dispiega ai nostri occhi dietro ogni curva rende ogni scossone degno. Sempre piú su, arriviamo ad altitudini che non avrei mai immaginato di raggiungere e come passiamo i 4000m iniziamo a sentire l’affaticamento, il fiatone e un po’ di giramento di testa. Arrivati a Spiti ci ritroviamo a percorrere una lunga valle desertica scavata appunto dal fiume Spity che viene alimentato prevalentemente dalle acque di scioglimento dei ghiacciai che gli donano un colore azzurro cristallino che brilla al sole. Arriviamo fino a Kaza, uno dei piccoli villaggi che punteggiano la valle. Ci troviamo a 4000m e siamo circondati da alte montagne, maestose e possenti. Il paesaggio dell’Himalaya si staglia ttorno a noi con tutta la sua eleganza e maestositá, coronato da nuvole bianche su un cielo azzurro intenso, cremoso. Uno degli spettacoli della natura piú impressionanti che abbia mai visto. La vita nel viallggio sembra essersi fermata nel tempo, qui (cosí ci racconta una persona del posto) in estate ci si prepara all’inverno e durante l’inverno si pensa a sopravvivere. Un tempo questa regione faceva parte del Tibet, per cui la lingua, la cultura e anche la fisionomia delle persone é molto diversa dagli indiani che abbiamo incontrato fino ad ora. Restiamo solo due giorni perché altri programmi ci aspettano, ma abbiamo il tempo di visitare i dintorni e soprattutto di salire ancora piú in alto visitare uno dei monastero buddisti situato piú in alto nel mondo e il piú antico centro di formazione dei Lama: il Monastero di Kee (o Kee Gompa). In questi due giorni saliamo sempre piú su fino a raggiungere un tempio tibetano a 4600m. Cosí in alto non ci ero mai arrivata!!

La persona piú cordiale: il dottore che ci ha dato un passaggio a Spiti, fino a Kee Gompa (il monastero buddista di Kee), e ci ha raccontato della vita degli abitanti di Spiti


Cibo: I ‘momo’, piatto tipico della zona, molto simile ai ravioli cinesi. Si mangiano cotti al vapore o fritti, ripieni di verdure o carne.


Musica: Pahadon Mein di Salman Elahi


Highlights del viaggio: A Spiti non ci si puó muovere con mezzi di trasporto pubblico, la cosa migliore é noleggiare una moto. Io e Peter peró non abbiamo la patente di guida internazionale, quindi abbiamo deciso di fare l’autostop per visitare i dintorni. La maggior parte delle volte siamo stati ‘raccolti’ da dei trattori :)


Lowlights del viaggio: L’auobus da Dharamsala a Manali é stato veramente il peggior viaggio che abbia mai fatto (ma per fortuna piú breve dell’autobus Quetta-Islamabad in Pakistan)


 
 
 

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