Shock culturale
- Giulia Castellani
- 27 ago 2022
- Tempo di lettura: 5 min

Doveva succedere prima o poi. Abbiamo viaggiato abbastanza lentamente, spostandoci via terra. Immaginavo che questa scelta ci avrebbe dato la possibilità di adattarci gradualmente alle nuove destinazioni, sia in termini di clima che di cultura locale. Chiaramente non è stato abbastanza. Abbiamo lasciato Van (Turchia) al mattino in direzione Tabriz (Iran). L'autobus doveva partire alla 10, il ragazzo della compagnia di bus si è raccomandato di essere lì in orario, siamo partiti ad un orario imprecisato tra le 10 e le 11. Nessuno ci ha informato su quanto durasse il tragitto e su dove di preciso a Tabriz l'autobus ci avrebbe lasciato. Che poi più che un autobus era un mini-bus, massima capienza circa 15 persone. Così siamo partiti in direzione Iran. Con noi prevalentemente Iraniani che rientravano dalle vacanze in Turchia e una ragazza Turca, seduta accanto a me, che andava in vacanza in Iran. Dopo circa un'ora e mezza abbiamo raggiunto il confine. L'autobus ha aperto le porte e il viso di 3 o 4 ragazzini ha fatto capolino. Non so cosa dicevano, poco dopo ho capito che cercavano di "aiutarci" in cambio di soldi. Si offrivano di portare gli zaini o di farci strada. L'autobus ci ha mollati all'ingresso, avremmo dovuto attraversare il confine da soli e poi ci avrebbe ripreso dall'altra parte. Al confine veicoli parcheggiati disordinatamente, gruppi di persone con valigie fermi ad aspettare non so cosa. Persone in coda ai cancelletti di ingresso. Seguiamo gli iraniani del nostro autobus e dopo un lungo corridoio arriviamo al controllo passaporti per uscire dalla turchia. I nostri passaporti destano sospetto e dobbiamo aspettare per un controllo extra. Ma questo non dura più che pochi minuti. Passato il controllo dobbiamo attraversare un altro lungo corridoio che culmina all'aperto in un cortile sabbioso. Tutto è sabbioso attorno a noi. A pochi metri dall'uscita del "tunnel" c'è un primo blocco sorvegliato da guardie iraniane. Controllano passaporti, visti, e covid pass. Passiamo e iniziamo ad essere circondati da bambini. Sanno dire solo "thank you" e si adoperano per mostrarci la via (come se ci si potesse sbagliare in un unico corridoio). Tutto diventa più caotico. Ci controllano i passaporti e i visti, io sono chiaramente più sospetta di Peter, ma ci timbrano i visti e passiamo. Il numero di bambini aumenta, come uno sciame attorno a noi. Ci aiutano a passare gli zaini sul nastro del security check, la mia paranoia è alla stelle e rimango abbracciata allo zaino con gli oggetti di valore. Una volta raggiunta l'uscita allo sciame di bambini si aggiungono tassisti, leciti o meno, guidatori di autobus, persone che offrono di cambiare soldi e altri ragazzini. Riesco solo a dire "no thank you" cercando di non perdere di viata Peter. Usciamo in una sorta di parcheggio ancora più caotico di auto e mini bus, tanti in condizioni tali da far apparire il parcheggio più come una demolizione auto. Dopo un attimo di panico pensando di essere rimasti soli avvistiamo i nostri compagni di autobus, li avviciniamo come se mettessimo piede su un'isola di salvezza. I bambini ci seguono e si decidono a lasciarci stare solo dopo che gli offriamo dei soldi. Dopo poco arriva il nostro autobus e ripartiamo. Dopo un paio d'ore raggiungiamo un posto di blocco: controllo passaporti. Vengo chiamata per un'ispezione. Non so bene cosa risulti sospetto di me, forse il fatto che sono Italiana o che vivo in Germania o la combinazione delle due. Fatto sta che l'ufficiale è chiaramente sospettoso e inizia a fare domande. Se non fosse per un gentile ragazzo iraniano del nostro bus non so come avrei fatto a rispondere. Mi controllano in primis la macchina fotografica facendo passare TUTTE le foto. Poi il telefono: foto, rubrica, conversazioni whatsapp. Infine lo zaino: i miei diari, il mio libro. Mi lasciano andare, ma precisano che io e Peter saremo tenuti sotto controllo dai servizi di sicurezza. Salgo sull'autobus, respiro, mi addormento. Arriviamo a Tabriz verso le 8 di sera, più tardi di quanto immaginassimo. Non abbiamo rial iraniani e nemmeno un hotel dove stare. L'autobus si ferma lontano dal centro, ma per fortuna un tassista accetta lire turche e ci porta all'hotel dove abbiamo una prenotazione per la notte successiva. Ci da il resto in moneta locale. Durante la corsa in taxi attraversiamo fiumi di macchine e concerti di clackson, non so come non ci siano incidenti ogni secondo. All'hotel hanno la nostra prenotazione per il giorno dopo, ma nessuna camera libera per la notte. Finiamo in una guest house dietro l'angolo economica e carina. Usciamo per bere qualcosa di rinfrescante e magari mangiare qualcosa e incappiamo nel problema dei soldi. La moneta ufficiale è il rial ma le persone presentano i prezzi i Toman (che equivale ai rial divisi per 10). A complicare il tutto, per evitare l'impossibile numero di zeri, dicono semplicemente 10 anzichè 10000. Quindi, quando qualcosa costa 10 Toman, significa in realtà 10000 Toman che equivalgono a 100000 rial. Ci sentiamo perduti e soprattutto non abbiamo abbastanza rial per pagare due panini e due bibite. Offriamo euro, dollari e lire turche, ma niente. Per fortuna il proprietario della guest house ci cambia dei dollari e riusciamo a pagare i nostri panini per poi andarcene vergognati, mortificati, amareggiati dalle smorfie scocciate del proprietario (a cui, comunque, avevamo chiesto il prezzo in precedenza, ma non è servito a niente). Passeggiamo per calmarci. Andiamo a dormire. Al risveglio ho un gran mal di testa, sarà la tensione del giorno precedente. Facciamo check out e poi check in nel nuovo albergo (dietro l'angolo) e ci incamminiamo alla ricerca di un caffè. Incrociamo un ragazzo iraniano, 'Akro' che inizia a fare conversazione e inizia così una meravigliosa conoscenza che si protrae per 2 giorni. Akro è gentilissimo e ci porta a bere un caffè, poi al Bazar dove devo comprare un altro vestito Iraniano, poi a mangiare un piatto tipico a base di pollo e riso. Delizioso. Io boccheggio tra il mal di testa, il caldo, la non abitudine ad essere completamente coperta e con il foulard in testa, la folla, le macchine, i venditori. Akro ci aiuta anche a cambiare i soldi e a compreare i biglietti dell'autobua da Tabriz a Tehran. Per andare all'agenzia turistica dobbiamo prendere l'autobus di linea. Io devo salire dalla parte delle donne, separata da una grata da quella dove stanno gli uomini quindi dove sono Peter e Akro. Le donne sull'autobus mi lasciano il posto a sedere, anche se più anziane, in segno di rispetto verso di me in quanto turista. Altre, capaci di parlare un po' di Inglese, mi danno il benvenuto a Tabriz. Riusciamo a comprare i biglietti, grazie infinite ad Akro. Cerchiamo di comprare anche una sim card, ma vogliono il passaporto. Cartaceo, la sola copia non è sufficiente. Purtroppo non ce l'abbiamo, i nostri passaporti, come anche i visti, rimangono all'hotel per i controlli della polizia. Rientriamo e chiediamo di prenotare un'altra notte in hotel. L'uomo alla reception, sorpreso, ci chiede "allora non andate a Kardan?" ... l'unico modo per lui di sapere che avevamo in programma di andare a Kardan è che abbia ricevuto informazione dal servizio di sicurezza che conosce il nostro itinerario. Saliamo in camera, mi tolgo lo Hejab e mi sdraio a letto, non riesco a muovere mezzo dito per le 3 ore seguenti. Piango. Sono sopraffatta e in shock!
La persona piú cordiale: gli amici di famiglia di Akro. Ci hanno offerto una colazione deliziosa, frutta per la scampagnata, poi ancora thé e altre bevande. Non siamo riusciti ad andare via senza prima accettare bottiglie di succhi e sacchetti pieni di frutta (tutta del loro giardino, deliziosa!!)
Musica: Shakhe Gol di Kasra Zahedi
Cibo: Il formaggio fresco locale di Kalibar. E poi il succo RANI alla pesca, é rimasto la mia bevanda preferita per utto il tempo in Iran
Highlights of the trip: Il paesaggio attorno a Tabriz, colorato e straniero, con le montagne abitate dai nomadi





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