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Via terra

  • Immagine del redattore: Giulia Castellani
    Giulia Castellani
  • 18 gen 2023
  • Tempo di lettura: 5 min

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《 Sull’aereo il tempo era stato irrilevante, ma anche l’unica cosa che contasse; era il tempo, e non lo spazio, la dimensione attraverso la quale si rendeva conto di viaggiare.》 -Jhumpa Lahiri- Così Gauri, la protagonista indiana del libro che ho letto durante il viaggio in India, descrive il viaggio in aereo dall'India fino in America. E questa è forse la più poetica risposta che potrei dare alla domanda che mi sono spesso sentita fare in questi ultimi mesi "perchè viaggiare con treni e autobus, perchè non prendi un aereo che è più veloce?". Le motivazioni alla base di questa scelta sono ovviamente molteplici. Il comfort non è uno di questi perchè certe tratte sono state veramente difficili, per non parlare della traversata del Belucistan (di cui racconto nel post "Oggi qui, domani inshalla!"). Sicuramente in quanto ricercatrice dei cambiamenti climatici sono molto sensibile all'argomento delle emissioni e cerco sempre di minimizzare il mio contributo. Però alla base di questa scelta di viaggio c'è molto di più, e forse lo posso proprio descrivere come il desiderio di viaggiare nello spazio, o meglio di percepire lo spazio attraverso cui ci spostiamo, così che sia lo spazio ad essere il protagonista del viaggio anzichè le "ore che mancano all'arrivo". Che cosa ciò significa, però, ho in realtà iniziato a capirlo meglio solo viaggiando. Viaggiando via terra ho potuto osservare il territorio cambiare, lentamente o velocemente a seconda della natura che lo ha creato e plasmato. Ho visto popolazioni, le loro abitudini, fisionomie, alimentazioni cambiare assieme al territorio. Viaggiando via terra mi sono resa conto ancora di più di quanto i confini tra paesi siano solo una linea artificiale, perchè una cultura non cambia radicalmente oltrepassando un confine. Bensì si assiste ad un cambiamento graduale con una cultura che lentamente si mescola in quella limitrofa, trasformandosi fino a cambiare identità. È così che nella Turchia dell'Est le usanze e l'ospitalità delle persone che incontriamo sono già diverse da quelle della Turchia occidentale ma molto simili a quelle iraniane. E più ci spostiamo a sud-est in Iran più l'abbigliamento e la fisionomia delle persone cambiano fino ad arrivare nella parte iraniana del Belucistan dove incontriamo i Balochi con i loro abiti tipici (e folte capigliature!). E poi entriamo nella parte pakistana del Belucistan: stessi abiti, stesse fisionomie, lingue che si mischiano. Nel Punjab pakistano assaggiamo già i primi piatti "indiani", o meglio così li definiamo noi perchè il ben noto (e da me tanto amato) "palak paneer" è tipico del Punjab che si estende sia in India che in Pakistan. Tra questi due stati c'è un confine, rappresentato dal cancello del Waga, che a Pakistani o Indiani è assolutamente vietato oltrepassare. I due popoli possono solo osservarsi tra le grate manifestando la reciproca superiorità e astio per l'altro in una danza nota come la "cerimonia del confine del Waga". Poi arriva l'India in tutta la sua immensità e complessità. A nord incontriamo la cultura e la lingua tibetana tra le montagne dell'Himalaya, a sud vivono i Malayalam che parlano un'altra lingua e hanno usanze diverse e uniche. Viaggiare via terra significa percepire i piccoli gradienti tra un punto e un altro, comprendere il mondo nella sua complessità e intrecciatura, perchè le usanze e le civiltà cambiano a ritmo unisono con l'ambiente. Viaggiare via terra mi ha aiutato a capire ancora di più quanto siamo figli della terra, nel senso proprio del territorio dove viviamo. Perchè dal territorio traiamo sostentamento, il che significa cibo innanzitutto (e così imparo che mangiare locale non è soltanto interessante per conoscere la cultura del posto, ma anche fondamentale per ottenere la giusta energia e i nutrienti di cui ho bisogno), ma anche materiali (ad esempio in Iran le case non sono ammobiliate per tradizione anche perchè trovare legno nel deserto è impresa alquanto ardua). Viaggiare via terra significa anche vedere l'inizio, la trasformazione e la fine di usanze. E non posso in questo caso non pensare alle conversazioni con i miei amici Fanny e Mehdi, incontrati in Iran, e poi di nuovo in Pakistan, e poi in India, anche loro che viaggiano via terra. Il primo è il thè, o meglio chiamarlo "chai". Il chai inizia in Turchia dove è servito in piccoli bicchieri di vetro, senza zucchero e accompagnato da un dolcetto, simile ad una caramella gommosa. Nella Turchia dell'est assieme al chai vengono servite zollette di zucchero, perchè se vuoi il chai dolce devi mettere una zolletta dietro ai denti superiori e lasciare che il chai caldo la sciolga ad ogni sorso. In Iran servono il chai nello stesso modo, spesso però viene accompagnato da cristalli di zucchero allo zafferano incastonati su un legnetto così che lo zucchero si sciolga mescolando il chai donando una nota dolce allo zafferano (per cui il paese è ben noto). Nel Belucistan il chai viene servito direttamente con lo zucchero, nemmeno chiedono. Nel Punjab, sia Pakistano che Indiano, subentra il latte, per cui il chai è thè nero zuccherato e preparato con il latte. Lo bevono come gli Italiani bevono l'espresso: in tazza piccola, una "bevuta e fuga". Viaggiando attraverso l'India incontriamo poi il masala chai, che comprende l'aggiunta di spezie - masala appunto. Cosa succede tra l'India e la Thailandia non lo posso sapere perchè il nostro "viaterra" si conclude a Calcutta a causa della situazione politica in Myanmar che ci impedisce di attraversare il paese. Dobbiamo quindi volare a Bangkok. Qui il chai non esiste, si beve thè verde e tanto macha thè. La cosa più simile al chai è il thè thailandese (chaa yen), un thè dal colore rosso intenso servito con latte condensato zuccherato e tanto ghiaccio. C'è poi il Lassi (una bevanda che adoro). Il primo incontro con una bevanda simile è in Turchia con l'Ayran (Fanny e Mehdi mi hanno svelato che una bevanda simile esiste già in Bulgaria, ma io non l'ho provata). L'Ayran è uno yogurt salato molto liquido, perfetto per accompagnare un piatto molto speziato. In Iran invece troviamo il Doogh, simile all'Ayran ma a cui spesso vengono aggiunte delle erbe tritate (in particolare la menta), oppure un goccio di sciroppo di menta. Il Doogh è anche la base per una zuppa iraniana che prevede l'aggiunta di cetrioli, noci, fiori di rosa e altre erbe aromatiche. Esiste una versione del Doogh "frizzante", cioè con aggiunta di anidride carbonica, ma decisamente non ha incontrato il mio palato. In Pakistan troviamo il Lassi, salato o dolce (per me vince il salato). È più spumoso dell'Ayran o Doogh, una vera delizia. In India il Lassi si trasforma di regione in regione. A nord iniziamo a trovare i Lassi alla frutta (banana, mango, papaya). A Jaipur, al famoso "lassiwalla" si vende solo lassi dolce con aggiunta di un pezzetto di panna. In Pushkar incontriamo il Lassi alla rosa e a Mumbai quello allo zafferano (il che non è una sorpresa se consideriamo l'immigrazione Iraniana a Mumbai). A Varanasi proviamo il famoso negozio "lassi blue" dove non si vende più Lassi salato, ma solo dolce e in tantissime varietà (mi innamoro del Lassi al guava). Arrivati a Bangkok il Lassi non esiste più. Troviamo lo yakult al supermercato, di origine in realtà giapponese, ma se dobbiamo vedere lo yakult come una trasformazione del Lassi significherebbe davvero una fine triste per questa bevanda che adoro. Due sole ore di volo da Calcutta, dove interrompiamo il "viaterra", fino a Bangkok, e ci ritroviamo in una cultura completamente diversa. Dov'è che il chai diventa matcha? Dov'è che il Lassi si perde? Queste purtroppo rimarrano domande per un viaggio futuro, quando tornerò ad unire i puntini da Calcutta fino a Chiang Mai!


Foto: il bellissimo 'Wild young and free' guesthouse sulla spiaggia di Koh Kong, Cambogia. Un posto che non avremmo mai scoperto se non avessimo viggiato via terra.


 
 
 

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